Léo Frankel, communard sans frontières

Julien Chuzeville, Léo Frankel, communard sans frontières. Libertalia, 2021.

Comme un beau cadeau pour le 150ème anniversaire de la Commune, Julien Chuzeville nous livre la première biographie en français de Léo Frankel, militant de l’AIT et élu de la Commune, suivie d’une anthologie de textes de Frankel. Tandis que l’accent est mis dans d’autres publications sur la dimension patriotique de l’exaspération d’un Paris assiégé par les Prussiens et humilié par les Versaillais capitulards, Frankel, qui est de langue allemande, et est le seul élu étranger de la Commune, garde toujours un point de vue internationaliste et de lutte de classe étonnamment ferme et clair pour l’époque. A 27 ans, il est aussi l’un des plus jeunes élus. Le 30 mars 1871, il écrit à Karl Marx : «  Si nous pouvions amener un changement radical des rapports sociaux, la révolution du 18 mars serait la plus féconde des révolutions que l’histoire ait enregistrées à ce jour. » Frankel travaille à la commission du travail et de l’échange tout en soutenant la minorité. Il échappe à la répression (condamné à mort par contumace) aux côtés d’ Élisabeth Dmitrieff, et gagne Londres où il est élu au conseil général de l’AIT. Frankel devait rester un militant très actif. Dans un article de 1877, il définit ainsi le but des socialistes : « L’émancipation des êtres humains, la suppression de la domination sous toutes ses formes : économiques, politique et religieuse ». Revisiter l’histoire du mouvement ouvrier c’est aussi revisiter ses principes fondamentaux.

S.J. (La Révolution prolétarienne n°812)

La Rivoluzione : Una bella avventura

Abbiamo deciso di pubblicare questo volume nel quale Paul Mattick ci racconta direttamente la parte più ricca di avvenimenti della sua vita. Naturalmente si tratta del periodo della sua giovinezza, che tutti ricordano in maniera spesso deformata ma che Mattick, a parte qualche dimenticanza derivante dall’età, ripercorre con nostalgia ma anche con spirito critico, rispetto ai momenti storici che ha vissuto in prima persona, dal movimento spartachista, quando era molto giovane, al movimento dei consigli degli anni ‘20 che lo influenzò politicamente per tutta la vita. Per Mattick aderire o meno ad una organizzazione era marginale. Si nota che nella sua fase di militanza giovanile egli era aperto a qualsiasi rapporto, ad intervenire in qualsiasi tipo di lotta, purché venisse realizzata l’autorganizzazione tra i lavoratori. Da questo colloquio, che Mattick ha avuto con Claudio Pozzoli e con Michael Buckmiller, viene alla luce un aspetto sicuramente interessante del famoso consiliare tedesco-americano, ma non emergono fino in fondo i contributi teorici e critici che ha maturato parallelamente alla sua militanza giovanile e che ha sviluppato nella seconda parte della sua vita. Contributi che ahimè, contrariamente a quanto si afferma nella postfazione, sono poco conosciuti, specie nel milieu dell’ultrasinistra italiana. Nei famosi anni ‘70 solo pochissimi erano a conoscenza degli scritti di Mattick relativi alla critica a Marcuse (molto di moda a quel tempo) e dei maggiori esponenti del movimento comunista (da Lenin a Trotzky fino a Stalin) che influenzavano in maniera ossessiva i gruppuscoli che amavano sventolar bandiere rosse nelle loro processioni. Mattick fu l’unico, in quel periodo, a mettere il dito sulla piaga del keynesismo, che si nascondeva felicemente anche tra le pieghe teoriche degli esponenti più in voga nella sinistra più o meno extraparlamentare (e non solo italiana). Tutti i suoi scritti negli anni della maturità dimostrano chiaramente la sua permanente predilezione per le lotte gestite direttamente dai lavoratori a seguito di una crisi che inevitabilmente colpirà il modo di produzione capitalistico, crisi che sta di fronte a noi in questi tempi e che il vecchio Mattick non ha avuto la soddisfazione di osservare e su cui avrebbe fornito sicuramente dei contributi utili ad una sinistra ormai morta e sepolta dopo il crollo del muro di Berlino. Mattick avrebbe sicuramente brindato con noi osservando alla televisione il disfacimento del sistema sovietico che aveva criticato profondamente per tutta la vita. Mai si sarebbe aspettato un fallimento così ridicolo ma sicuramente avrebbe contribuito a sviluppare una tendenza antistalinista del movimento operaio con dei connotati decisamente moderni. In realtà tutta la sua opera deve servire semplicemente per spingere chi ha a cuore veramente l’emancipazione dei lavoratori (e non la propria personale ambizione cattedratica) a studiare con la precisione delle scienze naturali le nuove forme del capitalismo secondo il metodo di Marx, cosa che fece l’operaio Paul Mattick quando finiva il suo turno di lavoro.

In una nota biografica di Mattick, Charles Reeve[1] riporta alcune considerazioni che ci danno un’idea del carattere di un uomo che purtroppo ben pochi della mia generazione hanno potuto conoscere personalmente, ma che: “Coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo non dimenticheranno mai la forza delle sue convinzioni, il calore e la ricchezza nei rapporti, il suo humour pungente, la qualità umana della persona che ha dato vita agli ideali di autoemancipazione sociale. Egli ribatteva sempre che: ‘Così come sono oggi ridotte le possibilità di una rivolta, non è il momento di abbassare le armi”.

Esiste una vasta bibliografia degli scritti di Mattick che ho riportato in calce alla traduzione di parti del suo ultimo libro Il marxismo ultimo rifugio della borghesia? (Sedizioni editore Milano 2008) ed ho compilato una sua biografia particolareggiata dedicata ai suoi rapporti politici ed agli innumerevoli interventi critici su diverse riviste fino alla sua morte dal titolo “Il ritorno a Marx attraverso Paul Mattick Un operaio teorico del marxismo”, che spero possa essere pubblicata. Ringrazio vivamente Laure Batier e Marc Geoffroy per la traduzione dal tedesco e l’organizzazione del testo, Charles Reeve (alias George Valadas) per avermi aiutato a pubblicare questa autobiografia di Mattick, grazie al contributo di Mercurio Falco e di Alessandro Cocuzza per la traduzione. Un particolare ringraziamento va a Gary Roth che mi ha fornito innumerevoli informazioni sui contatti avuti da Mattick, altrimenti impossibili da reperire, che mi sono stati utili per la compilazione della biografia e a Michael Buckmiller per avermi incoraggiato ed aver apprezzato il lavoro di ricerca.

Antonio Pagliarone

rivo

[1] Charles Reeve (pseudonimo), di origine portoghese, ha conosciuto nell’estate 1971 Paul ed Ilse Mattick durante un soggiorno negli Stati Uniti attraverso un amico del gruppo di ICO a Parigi. Charles Reeve ha scritto una nota biografica di Paul Mattick nella brochure De la pauvreté et de la nature fétichiste de l’économie pubblicata da Ab irato nel 1998 e ne Marxisme dernier refuge de la bourgeoise? (Entremonde, Genève, 2011). Diego Guerriero ne ha pubblicata una in spagnolo in Lecturas de economía política Síntesis, Madrid 2002. (NdC)